Abbiamo davvero bisogno dello Shield?
- Guzza
- 13 mar 2019
- Tempo di lettura: 5 min
"Una domanda sincera, una riflessione lucida sulle eventuali prospettive future di quella che dovrebbe essere l'ultima riunione degli Hounds Of Justice".
18 Novembre 2012. Survivor Series. Bankers Life Fieldhouse di Indiana, Indianapolis.
CM Punk, WWE Champion, sta combattendo contro Ryback e John Cena. L'ex Skip Sheffield ha appena schiantato al tappeto Cena, ma prima che possa coprirlo, tre ragazzi arrivano dal pubblico, scavalcano le transenne e assalgono The Big Guy. L'arbitro non sa che fare, il pubblico nemmeno, addirittura i commentatori fanno fatica a trovare le parole. Il trio, completamente vestito di nero, porta Ryback fuori dal ring e lo schianta con una Triple Powerbomb sul tavolo di commento.
CM Punk vincerà l'incontro.
Quella Triple Powebomb diventerà una trademark move.
Quel trio, appunto, diventerà una delle Stable più dominanti da lì fino ai prossimi sei anni e mezzo: The Shield.
Oggi ci troviamo a raccontare di quello che è l'addio alle armi del gruppo formato da Dean Ambrose, Seth Rollins e Roman Reigns. A Fastlane, i tre hanno combattuto il loro ultimo match contro il trio formato da Baron Corbin, Drew McIntyre e Bobby Lashley, vincendo in un match tipico dello Shield: caotico, frenetico, fisicamente spettacolare ma, soprattutto, segnato da quella "Pac-Mentality" che ha sempre contrassegnato le uscite degli "Hounds Of Justice". Chi vi scrive, crede sia abbastanza inutile ricapitolare come mai siano tornati in azione domenica notte. Insomma, siete su una pagina di wrestling, dubito che siate completamente a corto di quello che succede. Ma se siete dei nabbi (tipo mia madre che si legge tutto quello che scrivo anche se non ha idea di cosa si sta parlando), trovate ottantamiliardi di robe su internet che vi riassumeranno quanto accaduto negli ultimi due mesi. Per lo stesso motivo, invito tutti quelli che non la conoscono a cercarsi su wikipedia quanto fatto da questa stable, altrimenti non ne usciamo più.
Siamo qui per parlare d'altro.
E non per fare un panegirico o una ricostruzione storica.
Ma per capire cosa può significare, in ottica futura (futuro prossimo o remoto che sia), questa reunion che sì, sa moltissimo di "One Last Night", ma che anche no.
Quindi, perché abbiamo ancora bisogno dello Shield, oggi, nel 2019, a un passo da Wrestlemania?
Innanzitutto perché, diciamocelo, a voi non è venuta la pelle d'oca guardando il Raw prima di Fastlane? Davvero? Niente? Bugiardi.
Le Reunion fanno sempre effetto, pochi cazzi. E chi dice il contrario lo fa per fare il radical alternative freak o perché ormai criticare TUTTO quello che fa la WWE è diventato una specie di disciplina olimpica. E nel mare magnum di booking a schifo che ci rifilano da Stamford, la terza (oh, solo terza???) riunione dello Shield non è stata proprio la cosa peggiore che potesse capitare. Perché siamo nella Road To Wrestlemania, baby, e dubito fortemente che qualcuno se ne sarebbe accorto se non fosse per il gigantesco manifesto che Ronda Rousey indica anche quando va al cesso. E' la verità ragazzi, questa strada verso il Grandaddy Of Them All è iniziata con un ritardo clamoroso e serviva COME IL PANE qualcosa che stimolasse l'animo degli spettatori, un po' per distrarli dal disastro che stanno combinando con la storyline per il titolo femminile, un po' per far dimenticare a me che sì, 11 anni di lavoro, ma davvero volete dare il titolo mondiale a Kofi Kingston?
Vabbe, stiamo andando fuori tema. Il punto è che in questa Road To WM mancava qualcosa che catalizzasse l'attenzione dei fans di Raw, visto l'assenteismo di Brock Lesnar e di un booking qualsiasi nel resto della card che non si chiami Becky Lynch o "ritorno a caso (vedi Batista)". E lo Shield, per me, è stata la mossa giusta anche per impiegare quei lottatori che, giocoforza, si son sbattuti per un anno intero e altrimenti non avrebbero un bel nulla da fare. Tipo Drew McIntyre, uno che più "championship material" non esiste.
E qui entriamo nella seconda ed ultima parte del pezzo: i membri dello Shield.
Sì, perché anche loro ne avevano un disperato bisogno.
Non tanto Seth Rollins, che se non batte Brock a Wrestlemania il prossimo articolo che scriverò parlerà del mondiale di bocce su prato.
Ma Roman Reigns e Dean Ambrose.
The Big Dog è tornato dopo la vittoria nella sua seconda battaglia con la leucemia. Sconfitta la cagna bastarda, qual è il suo posto a Raw o, meglio, nella WWE? I suoi detrattori dovranno rassegnarsi, lo vedremo, presto, di nuovo lottare per il titolo massimo (ipotizzo la linea di successione: Rollins-McIntyre-Reigns), soprattutto dopo le sue vicende personali. L'occasione di sbattere in copertina l'Eroe adesso è ancora più ghiotta che mai. E sia chiaro per tutti quelli che staranno pensando: "ma come ti permetti?!?! Sei in un insensibile e gretto omuncolo". No! Non lo sono. Semplicemente non mi dimentico il modus operandi della WWE perché un suo dipendente ha avuto la leucemia. Stanno usando loro la sua malattia in chiave storyline tirandola fuori ogni due per tre, non io. Così come non mi dimentico quanto mi facesse cagare Roman prima della sua pausa forzata (oh, spoiler alert: è un'opinione personale. Liberissimi di pensarla in modo diametralmente opposto). Ho pianto quando ha dato la notizia. L'ho sostenuto nel mio cuore. Ho pianto quando è tornato, commosso e felice. Ma tifarlo solo per questo motivo, quando fino a tot mesi fa mi tagliavo le vene ogni volta che prendeva un microfono in mano non mi rende una persona migliore, ma solo un ipocrita.
Insomma, Reigns non aveva un piano per Wrestlemania. E la reunion dello Shield gli apre ottimi spiragli, sia in chiave PPV che in vista degli show settimanali (e se avete visto l'ultimo Raw, sapete di cosa sto parlando).
Infine, Dean Ambrose.
Cazzo, Dean Amborse.
Prendo fiato perché sapere che andrà via, se andrà via, è una roba che mi fa un male tremendo. Placato solo dalla speranza di vederlo nel dream match con Jimmy Havoc ("Give Me Moxley", cit. JH su Twitter), con la AEW alla finestra. Ma fa male. In mancanza di conferme che si tratti di un work (e più passa il tempo, più non ne abbiamo), bisogna parlare di fatti: tutto lascia pensare che non rinnoverà. Quindi, quale miglior modo per fargli chiudere la carriera in WWE se non al fianco dei suoi "brothers in arms"? Che Dean avesse le potenzialità per essere un top name anche in singolo potrei scriverci un trattato da pubblicare all'università. Che sia stato utilizzato nel peggiore dei modi, invece, è sotto gli occhi di tutti. Che all'interno dello Shield sia una forza della natura, è altrettanto chiaro. Si è visto a Fastlane, si è rivisto a Raw. Ed una possibilità può essere quella di metterlo in Tag Team con Roman Reigns per andare contro Drew e Corbin a Wrestlemania regalandogli così l'addio più dolce, sul palcoscenico più importante del wrestling americano (ve l'immaginate la scena con abbraccio finale, dopo il Main Event, con Rollins campione?).
A meno che Reigns non lo convinca a restare.
Ovvio.
Intanto, con queste riflessioni (che vi invito a commentare e smembrare, almeno si fa conversazione) non ci resta che salutare lo Shield. Lo scudo contro le ingiustizie ha esaurito il suo lavoro, la sua missione in WWE è conclusa. Grazie di tutto, davvero, anche dei momenti più atroci, dei turn senza senso, dei tradimenti dimenticati. Grazie per quel senso di fratellanza al di là di tutto, che è un valore inestimabile da trasmettere a tutti. Grazie perché quando c'è stato bisogno, ci siete sempre stati.
E perché a me, lo ripeto, la pelle d'oca l'avete fatta venire di nuovo.
Alla prossima (?).
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